La donazione di 300 Bitcoin al fondatore di Silk Road sembra sospetta…
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Ross Ulbricht – fondatore di Silk Road – ha ricevuto domenica una donazione di 300 Bitcoin, per un valore superiore ai 31 milioni di dollari, nel suo wallet ufficiale per le donazioni. La transazione, segnalata da analisti della blockchain e monitorata da piattaforme come Lookonchain e Arkham Intelligence, ha scatenato un’ondata di polemiche all’interno della comunità crypto.
I fondi sembrano essere passati attraverso Jambler, un servizio centralizzato di mixing per Bitcoin, invece di utilizzare strumenti decentralizzati per la privacy più comuni come Wasabi o Samourai.
L’investigatore blockchain ZachXBT ha osservato che due indirizzi dormienti – attivi rispettivamente dal 2014 e dal 2019 – hanno depositato ingenti somme su Jambler tra aprile e maggio. Questi movimenti coincidono con il trasferimento al wallet di Ulbricht, mettendo in dubbio l’ipotesi che si tratti di un auto-trasferimento da fondi nascosti prima dell’arresto.
ZachXBT collega la donazione a Ross Ulbricht a un indirizzo Bitcoin segnalato
ZachXBT è piuttosto certo che la donazione ricevuta da Ross Ulbricht non sia un auto-trasferimento, come ipotizzato da alcuni, ma sembra comunque provenire da una fonte “discutibile”.
Un elemento di preoccupazione, per esempio, riguarda l’indirizzo 1CNDW, coinvolto nella catena di trasferimenti, che era stato in precdenza segnalato da strumenti di compliance, utilizzati per la prevenzione di attività illecite come riciclaggio di denaro o finanziamento del terrorismo.
Tali strumenti, impiegati da exchange e istituzioni finanziarie, assegnano “flag” di rischio agli indirizzi associati a comportamenti sospetti o a transazioni provenienti da mercati darknet, truffe o mixer abusivi. Il fatto che un indirizzo già segnalato sia parte di una transazione così rilevante alimenta sospetti sul reale intento del donatore e sulla legittimità dei fondi, oltre a mettere potenzialmente in difficoltà la campagna FreeRoss, che ora deve gestire una somma enorme proveniente da una fonte non verificata.
L’importo stesso — 300 BTC, equivalenti a oltre 31 milioni di dollari — è anomalo per una donazione privata, soprattutto in un contesto così sensibile. Anche nella comunità crypto, le donazioni superiori a poche decine di migliaia di dollari sono rare e scrutinate attentamente, rendendo questo caso ancora più eccezionale.
La storia di un personaggio divisivo
Ross Ulbricht è tornato in libertà nel gennaio 2025, dopo aver scontato 12 anni di carcere a seguito di una doppia condanna all’ergastolo. La sua scarcerazione è avvenuta grazie a una controversa grazia, concessa dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
Da allora, Ulbricht è riapparso sulla scena pubblica, partecipando come relatore alla conferenza Bitcoin 2025 a Nashville e mettendo all’asta oggetti personali, tra cui opere d’arte realizzate in prigione e altri beni.
La donazione di 300 BTC è arrivata poco dopo la conclusione di quell’asta, che aveva raccolto oltre 1,3 milioni di dollari in Bitcoin. Nonostante la vicinanza temporale, i due eventi non risultano collegati, alimentando ulteriorment eil mistero sull’origine del trasferimento.
Il wallet che ha ricevuto la donazione è gestito dalla campagna FreeRoss.org, che sostiene iniziative legali e attività di sensibilizzazione per la riforma delle pene detentive. Nonostante il contributo economico sia significativo per la causa, la provenienza poco chiara dei fondi — soprattutto il loro passaggio attraverso un mixer centralizzato — ha offuscato quello che poteva essere un momento di celebrazione.
Nel frattempo, Ross Ulbricht è tornato a parlare in pubblico per la prima volta dopo la sua liberazione, rivolgendosi a una sala gremita durante la conferenza Bitcoin 2025 a Nashville. Il suo intervento ha avuto un tono intimo e riflessivo, in netto contrasto con la dimensione pubblica e spesso controversa del suo passato.
Ulbricht ha raccontato con emozione gli anni trascorsi dietro le sbarre, definendo la prigione “una gabbia terribile” e descrivendo i momenti di disperazione in cui ha creduto di non avere più speranza, né possibilità di redenzione. Ha ammesso di aver vissuto lunghi periodi in cui temeva di “morire lì dentro, consumato dal tempo, dall’isolamento e dall’etichetta di “criminale informatico” che lo ha accompagnato per anni.
Nonostante questo, il suo discorso ha trasmesso un messaggio di sorprendente resilienza. Ulbricht ha condiviso come, anche nelle circostanze più cupe, abbia cercato con determinazione di trovare momenti di bellezza e significato: piccoli atti di gentilezza tra detenuti, lettere dalla famiglia, la scoperta dell’arte come via di espressione e sollievo. Ha parlato dell’importanza della spiritualità, della meditazione e della riflessione personale come strumenti che lo hanno aiutato a mantenere una forma di lucidità e, in certi casi, persino di gioia.
Il suo tono non è stato di rivendicazione ma di consapevolezza. Ulbricht non ha cercato di riscrivere la storia di Silk Road, ma ha invece concentrato il suo messaggio sull’importanza della libertà, della dignità umana e della possibilità di cambiare. Il suo discorso si è concluso con un appello alla riforma carceraria e alla compassione verso coloro che, come lui, hanno passato anni dimenticati dal sistema.
L’intervento ha emozionato molti partecipanti, alcuni dei quali hanno condiviso sui social il momento come uno dei più intensi dell’intera conferenza.
Per molti, la figura di Ulbricht resta divisiva ma la sua testimonianza personale ha offerto uno sguardo umano e profondo su un uomo che, giusto o sbagliato che sia stato il suo passato, ha affrontato dodici anni di reclusione lottando per non perdere se stesso.
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