Nuove sanzioni economiche per la Russia che potrebbe decidere di puntare su Bitcoin
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Il conflitto russo-ucraino non accenna ad avviarsi verso una soluzione. A più di tre anni dall’inizio della guerra nell’Europa dell’Est, e dopo una moltitudine di sanzioni economiche, i progressi verso un accordo tra i due Paesi restano modesti. Di conseguenza, alcuni Stati – su tutti gli USA – stanno valutando una nuova serie di sanzioni. Ecco perché la Russia e Vladimir Putin hanno messo gli occhi su Bitcoin…
Trump vuole imporre una nuova ondata di sanzioni
Negli ultimi mesi, il conflitto si è impantanato, le trattative sono in stallo e, da entrambe le parti, manca la volontà di fare concessioni per raggiungere un cessate il fuoco definitivo e porre fine a una guerra che ha provocato la morte di decine di migliaia di innocenti.
Da quando è tornato alla Casa Bianca, Donald Trump ha cercato di proporsi come mediatore e di porre fine alle ostilità. Inizialmente ha adottato un atteggiamento ostile nei confronti di Zelensky, cercando di forzare la risoluzione del conflitto tramite accordi unilaterali e tentando di estrometterlo dal processo di negoziazione.
Adesso, invece, stiamo assistendo a un’inversione di tendenza – il che, dato il personaggio, non stupisce affatto – visto che il presidente degli Stati Uniti sta valutando l’imposizione di nuove sanzioni economiche che si andrebbero ad aggiungere a quelle già esistenti e a quelle di recente adottate dall’Unione Europea.
Nel tentativo di aumentare la pressione economica e politica sulla Russia, infatti, l’UE ha adottato il suo 17° pacchetto di sanzioni, che si concentra in particolare su un aspetto strategico e meno visibile ma cruciale: le cosiddette “navi fantasma” russe, in particolare alcune petroliere.
Si tratta di navi registrate in Paesi terzi o con bandiere di comodo, che spesso operano per aggirare sanzioni internazionali, facilitando il trasporto di petrolio e altre risorse energetiche russe sul mercato globale. Limitare queste navi significa colpire direttamente la capacità di Mosca di esportare risorse energetiche vitali, riducendo così le entrate di uno dei settori chiave dell’economia russa.
Parallelamente all’Unione Europea, il Regno Unito ha annunciato un’azione coordinata con i suoi alleati volta a colpire settori chiave dell’economia russa così da limitarne le esportazioni di tecnologie e materiali militari e rafforzando i divieti finanziari per isolare la Russia dal sistema bancario internazionale, ostacolando così la sua capacità di operare sui mercati globali.
L’economia russa regge ma resta fragile
L’inflazione in Russia, negli ultimi cinque anni, ha mostrato una forte volatilità. Nel 2022, l’anno in cui il conflitto è iniziato, l’inflazione ha raggiunto il 17,8% nel mese di aprile. Un’impennata scioccante che riflette le conseguenze di un conflitto armato. Attualmente, con la guerra in fase di stallo da oltre tre anni, l’inflazione si attesta intorno al 10%. Un livello elevato, frutto di un aumento progressivo negli ultimi due anni.

L’aumento dell’inflazione in Russia è dovuto in parte all’enorme incremento delle spese militari legate al conflitto in corso. Questo impegno bellico richiede ingenti risorse economiche che pesano sulle finanze pubbliche e sull’intera economia, causando effetti mai visti prima sulla vita quotidiana della popolazione russa, come un aumento generalizzato dei prezzi di beni e servizi.
Per cercare di contenere questa situazione, la Banca Centrale di Russia ha adottato una politica monetaria restrittiva e ha aumentato i tassi di interesse direttori fino al 21%. Questo significa che il costo del denaro per le banche è molto alto e, di conseguenza, anche per chi vuole ottenere prestiti o mutui. Lo scopo di questa misura è rallentare la domanda di beni e servizi, limitando così la crescita dei prezzi e combattendo l’inflazione.

Secondo la BCR, l’inflazione dovrebbe tornare intorno al 4% entro il 2026. Una previsione audace che potrebbe realizzarsi se la Russia si orientasse verso una risoluzione del conflitto, raggiungendo un accordo con l’Ucraina.

Bitcoin è la soluzione ideale per aggirare le sanzioni
In un contesto economico segnato da crescenti difficoltà e dall’inasprirsi delle sanzioni internazionali, utilizzare Bitcoin si sta imponendo come una soluzione strategica per la Russia. L’esclusione del Paese dal sistema SWIFT – la rete globale che permette lo scambio rapido e sicuro di informazioni finanziarie tra banche – ha infatti reso molto più complesso il commercio internazionale e le transazioni finanziarie con partner esteri.
Questa esclusione limita fortemente la capacità della Russia di operare nel sistema finanziario globale tradizionale. Di conseguenza, si stanno cercando alternative per mantenere flussi commerciali e finanziari, e nuovi partner come Cina e India stanno acquisendo un ruolo centrale in questa strategia, offrendo canali alternativi di collaborazione economica.
Storicamente, il governo di Vladimir Putin è stato scettico o addirittura ostile nei confronti delle criptovalute come Bitcoin. Tuttavia, negli ultimi tempi, si è assistito a un cambiamento di approccio: si sta sviluppando una regolamentazione progressiva e mirata, che consente l’uso di BTC in specifici ambiti, come il mining e l’uso sperimentale nelle transazioni commerciali, ad esempio per facilitare scambi internazionali (aggirando le restrizioni imposte dalle sanzioni). Alla fine del 2024, Putin ha dichiarato che Bitcoin rappresenta “un’alternativa che nessuno può proibire”, segnalando una possibile apertura verso un’adozione più ampia e accelerata di questa tecnologia all’interno del Paese.
Nonostante ciò, per ora la Russia continua a mantenere la maggior parte delle sue riserve nazionali in asset più tradizionali e stabili, come l’oro e lo yuan cinese, per ridurre l’esposizione alla volatilità tipica delle criptovalute. A dicembre 2024, le riserve d’oro russe superavano le 2.333 tonnellate, a dimostrazione dell’importanza che Mosca attribuisce a questi asset “rifugio” in un periodo di instabilità economica globale.

Tuttavia, con la crescita della principale criptovaluta e il suo progressivo consolidamento istituzionale, il governo potrebbe rivedere la propria posizione e integrare Bitcoin come asset di riserva complementare.
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