Legge di bilancio 2023: c’è una sanatoria per tutti i possessori di criptovalute

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L’Italia fa un passo avanti nella regolamentazione del settore crypto, almeno per quanto riguarda il versante fiscale. Con l’approvazione della nuova Legge di Bilancio 2023, infatti, è stata introdotta una nuova disciplina tributaria specifica per il settore e le criptovalute entrano, de facto, nella categoria dei “redditi diversi”. Ma procediamo con ordine e cominciamo a esaminare quali sono le novità introdotte dal 2023 per quanto concerne le criptoattività.

Le criptovalute sono inserite nella categoria “redditi diversi” e tassate di conseguenza

Cominciando dalla definizione stessa di “criptoattività”, la Legge di Bilancio identifica come tali tutte le rappresentazioni digitali di valore e di diritti diffuse mediante la nuova tecnologia del Distributed Ledgers, ovvero il “registro distribuito”, che è applicata alla blockchain.

Per quanto riguarda le novità principali in materia, introdotte dalla Legge di Bilancio 2023, vi invitiamo a leggere il nostro articolo specifico sull’argomento.

L’argomento che ci interessa affrontare più nel dettaglio adesso, invece, è la consuetudine ormai consolidata di aprire la Legge di Bilancio con una bella sanatoria; e nel nostro caso specifico quella destinata a tutti i possessori di risorse digitali che, negli anni passati, hanno omesso di dichiarare all’Agenzia delle Entrate le proprie criptovalute e i relativi movimenti.

La sanatoria per gli inadempienti: come approfittarne e perché conviene.

Chi si diletta nel trading delle criptovalute solo da pochi anni non sarà particolarmente preoccupato dalle novità introdotte nella nuova Legge di Bilancio 2023. Ma per tutti i detentori di e-wallet che sono arrivati ad accumulare discreti patrimoni basati sulle risorse digitali, siano esse BTC, altcoin o NFT, è arrivato finalmente (o purtroppo?) il momento della verità.

Dal momento che l’aliquota da pagare sulle plusvalenze delle criptovalute è del 26%, infatti, per i detentori dei portafogli più cospicui questo potrebbe essere un colpo fatale.

L’unica soluzione possibile è quella di approfittare della sanatoria messa a disposizione proprio per l’occasione; questa, infatti, è stata creata ad hoc per incentivare i proprietari dei wallet più consistenti a regolarizzare la propria posizione con il minimo della spesa rispetto a quel che avrebbero dovuto pagare secondo l’aliquota nominale.

Chi non ha mai dichiarato le proprie criptovalute, quindi, farà meglio ad approfittarne subito; la sanzione da pagare, infatti, ammonta soltanto allo 0,5% del valore complessivo degli asset detenuti all’1 gennaio del relativo anno contabile. Una volta provveduto al pagamento di questa sanzione, poi, i contribuenti potranno presentare un’apposita dichiarazione per mettersi definitivamente in regola col Fisco.

Chi ha eseguito prelievi dai propri asset digitali (e quindi prodotto reddito) in data antecedente al 31 dicembre 2021, a parte la sanzione dello 0,5%, dovrà pagare anche il 3,5% del valore delle somme prelevate a titolo di imposta sostitutiva.

Come accennato nel paragrafo precedente, invece, tutti quelli che non sono in grado di fornire prove a riguardo, oppure si ritrovano con valori inferiori, potranno fare una rivalutazione dei propri asset digitali al 1° gennaio 2023 e versare il 14% del valore periziato in una soluzione unica oppure in tre rate annuali.

Conclusioni

A partire da quest’anno, quindi, l’Italia comincia a mettersi in pari con un mercato in grande espansione, quello delle criptovalute. I token digitali sono legalmente riconosciuti come risorse finanziarie e di conseguenza saranno sottoposti a tassazione ogni volta che verrà effettuato un prelievo o una qualsiasi altra transazione, come per esempio un trasferimento oppure l’acquisto di beni.

Inoltre saranno tassate anche le plusvalenze generate dalle criptovalute oggetto di donazioni e successioni.

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