Criptovalute e Fisco: ecco quanto dovremo pagare tra nuove regole e imposta di bollo

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Lucio Prosperi
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Il mondo delle criptovalute è stato sottoposto a nuove regolamentazioni fiscali, in seguito all’entrata in vigore della legge di bilancio approvata dal Governo Meloni alla fine del 2022.

La circolare dell’Agenzia delle Entrate del 27 ottobre 2023 ha ulteriormente dettagliato le disposizioni relative alla tassazione di chi investe in criptovalute, portando con sé cambiamenti significativi.

Tra le novità più rilevanti, emerge l’introduzione di un’imposta di bollo dello 0,2%, che colpisce il controvalore delle criptovalute.

In questo articolo, esploreremo gli aspetti salienti di questa imposta e le sue implicazioni per gli investitori nel mondo delle crypto.

Il Contesto dell’Imposta di Bollo sulle Criptovalute

A partire dall’anno scorso, gli investitori stanno cominciando a sperimentare gli effetti tangibili delle nuove norme fiscali sulle criptovalute. Oltre alla consueta tassazione sui proventi, è stata introdotta l’imposta di bollo, che si attesta all’0,2% sul controvalore delle criptoattività.

Questa aliquota viene applicata periodicamente, durante la rendicontazione, mediante l’estratto conto. È importante notare che tale imposta non è esclusiva per coloro che operano in regime dichiarativo riguardo alle plusvalenze e ad altri proventi.

Un inconveniente iniziale, relativo esclusivamente ai conti su Binance, è stato risolto a partire dal 12 gennaio, quando la piattaforma ha introdotto la possibilità di saldare l’imposta di bollo attraverso carta di debito o credito. Questa soluzione ha evitato l’addebito al momento del disinvestimento.

L’innovazione nella modalità di pagamento riflette l’adattamento delle piattaforme di trading alle nuove esigenze fiscali, facilitando così la vita degli investitori nel settore delle crypto.

Il 2 per mille e le specifiche per gli investitori italiani

Il prelievo del 2 per mille, concretizzato attraverso l’imposta di bollo, è applicato solo se l’intermediario è residente in Italia. In caso contrario, gli investitori devono, insieme alle imposte sui redditi, versare lo 0,2% del valore delle crypto al 31 dicembre dell’anno precedente. Tuttavia, c’è un limite massimo di 14.000 euro.

Questo scenario è probabilmente il più comune tra gli appassionati di criptovalute, che sono inclini a investire in modo non convenzionale e che spesso non si affidano a intermediari nazionali.

Le nuove norme fiscali

Per quanto riguarda la normativa è chiara e inequivocabile: il possesso di asset crypto deve essere dichiarato e si applica un’aliquota del 26% sugli utili superiori a 2.000 euro.

Inoltre, è richiesto il calcolo delle plusvalenze al momento della conversione delle criptovalute in valuta “fiat”, emessa da una banca centrale o da uno Stato.

È stata introdotta la possibilità per coloro che già possedevano criptovalute al 1° gennaio 2023 di ricalcolare il costo o il valore di acquisto delle stesse, a condizione che tale importo sia soggetto a un’imposta sostitutiva del 14%.

Affinché i contribuenti abbiano potuto beneficiare di questo regime agevolato, era necessario versare l’intera imposta sostitutiva o la prima delle tre rate annuali, tutte di pari importo, entro il 15 novembre 2023.

Emerge poi una sfida impegnativa riguardo alle pratiche comuni degli operatori che scambiano frequentemente una criptovaluta con un’altra, prima di ritornare a una valuta tradizionale come l’euro. In presenza di numerosi passaggi intermedi, il calcolo delle imposte può diventare complicato, soprattutto per chi opera al di fuori di piattaforme o intermediari convenzionali.

Una nuova norma, spesso trascurata ma di rilevanza significativa, stabilisce che in assenza di documentazione sul costo originario, si presume un prezzo di acquisto pari a zero. Ciò implica che l’imposta sarà applicata su tutte le criptovalute convertite in euro o dollari, non solo sul guadagno.

Tenendo conto di quanto detto, potrebbe essere una buona idea quella di operare tramite intermediari nazionali o esteri in grado di fornire con precisione i dati di tutte le compravendite. Questo approccio si rivela fondamentale per evitare complicazioni nella dichiarazione fiscale, specialmente considerando la complessità delle transazioni nel mondo delle criptovalute.

In un contesto normativo più definito, dunque, la scelta di intermediari affidabili diventa cruciale per garantire una gestione corretta e trasparente delle attività legate alle crypto.

Conclusioni

Le nuove regole fiscali per le criptovalute hanno introdotto l’imposta di bollo come parte integrante delle tasse da versare dagli investitori. L’adattamento delle piattaforme di trading, come evidenziato dal caso di Binance, dimostra la necessità di un approccio flessibile e innovativo nel trattare le questioni fiscali legate agli asset digitali.

Gli investitori italiani devono ora considerare attentamente queste disposizioni nella gestione delle proprie attività crypto e nell’adempiere agli obblighi fiscali imposti dalle nuove regole.

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