Silvio Micali: Fiat Chain è una blockchain pubblica ma non ha criptovaluta

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Christian Boscolo
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Durante la Paris Blockchain Week 2025, Silvio Micali, fondatore della blockchain Algorand e personalità di spicco del mondo crypto, è tornato a parlare di una nuova iniziativa tecnologica su cui sta lavorando: la Fiat Chain.

Silvio Micali, nato a Palermo nel 1954, è uno dei massimi esperti mondiali di crittografia e tecnologie blockchain. Professore al Massachusetts Institute of Technology (MIT) dal 1983, è considerato un pioniere nel campo della sicurezza informatica.

Aggiungo una piccola nota personale. Silvio Micali è anche un grandissimo divulgatore. Le sue videointerviste che parlano della Blockchain, ne trovate tante in rete, sono illuminanti. Il tono colloquiale ma didattico e ricco di metafore e la sua capacità di narrazione, rendono semplici anche i concetti più ostici da comprendere.

I nostri colleghi di CryptoNews l’hanno incontrato durante il Proof of Talk 2025 per un’intervista esclusiva. Ecco cosa ci ha raccontato.

Che cos’è la Fiat Chain?

La Fiat Chain è una blockchain pubblica e sicura, pensata per le istituzioni, che non utilizza una criptovaluta nativa. Credo fermamente nelle blockchain pubbliche: il mondo non ha bisogno di blockchain private ma di reti aperte e accessibili.

Perché hai creato Fiat Chain?

Perché nonostante la blockchain sia trasparente ed efficiente, le principali istituzioni non hanno voluto, almeno per il momento, utilizzarla. Il motivo, secondo il mio punto di vista, è da ricercarsi in tre problemi principali: regolamentazione, sicurezza e sovranità monetaria.

Le prime due ragioni sono facilmente intuibili, mentre per quanto riguarda la sovranità monetaria, bisogna fare un piccolo ragionamento; è normale che uno Stato con una valuta sovrana (come l’euro per l’UE o il dollaro per gli USA) non possa obbligare i cittadini ad acquistare una criptovaluta – quindi una valuta estera e privata – solo per utilizzare i servizi legati alla propria moneta nazionale.

Per esempio, sarebbe paradossale se un cittadino italiano dovesse prima comprare Ethereum o un altro token per poi ricevere euro digitali o accedere a servizi pubblici basati su blockchain. Questo metterebbe in discussione la sovranità monetaria dello Stato e il controllo sulla propria economia.

Insomma, chiedere a un cittadino di acquistare una criptovaluta per accedere a una valuta nazionale significherebbe delegare una parte del potere statale a un sistema esterno e non regolato, cosa che – comprensibilmente – i governi evitano.

Come può funziona Fiat Chain senza una criptovaluta nativa?

Fiat Chain nasce per portare su blockchain gli asset del mondo reale, in particolare quelli delle istituzioni finanziarie: obbligazioni, titoli, crediti, certificati. A differenza di molte blockchain tradizionali, non richiede l’uso di una criptovaluta per partecipare al consenso o per pagare le transazioni. Le commissioni vengono pagate in stablecoin.

Questo approccio è fondamentale per attirare le istituzioni, che spesso non possono (o non vogliono) utilizzare le criptovalute per ragioni normative o strategiche. Con Fiat Chain, non c’è bisogno di acquistare un token volatile o non regolamentato: basta operare con una stablecoin.

Come si può garantire la sicurezza della blockchain senza un token?

Fino a oggi, la maggior parte delle blockchain pubbliche ha utilizzato le criptovalute come meccanismo di sicurezza. Il principio è semplice: chi partecipa al consenso, ovvero chi contribuisce a far funzionare la rete (i validatori), deve possedere e mettere in gioco (stake) un certo numero di token. Se agisce in modo scorretto o cerca di sabotare il sistema, rischia di perderli. È un meccanismo di autodisciplina economica: se fai danni, perdi valore.

Ma questo modello non è perfetto e ha dei limiti importanti:

  • La volatilità delle criptovalute può compromettere la stabilità del sistema: se il valore dei token crolla, anche la sicurezza della rete ne risente.
  • Il rischio di concentrazione: chi ha tanti token può acquisire troppo potere. In pratica, chi ha più soldi può influenzare o controllare il consenso.
  • La barriera all’ingresso per le istituzioni, che spesso non possono detenere o gestire crypto per motivi normativi.

Fiat Chain propone una strada diversa: costruire un meccanismo di consenso che non dipenda da una criptovaluta nativa, ma da logiche più prevedibili e sostenibili, basate su stablecoin e su un sistema di validatori selezionati in modo trasparente, equo e verificabile.

Qual è il meccanismo di consenso di Fiat Chain?

Il meccanismo di consenso di Fiat Chain si basa su un modello diverso rispetto a quello delle classiche blockchain proof-of-stake. Qui non c’è una criptovaluta da mettere in staking, ma un sistema più prevedibile e adatto alle esigenze del mondo istituzionale.

La rete è governata da un consiglio di validatori che viene rinnovato ogni trimestre. Chi desidera partecipare deve pagare una quota iniziale e in cambio riceve una parte delle commissioni generate dalla rete, che vengono pagate in stablecoin. In questo sistema, le commissioni sostituiscono il concetto tradizionale di gas fee e diventano il parametro chiave per determinare la struttura del consenso.

In base a quanto la rete ha incassato nel trimestre precedente, si calcola il numero ideale di validatori per quello successivo. Se le commissioni aumentano, cresce anche il numero di validatori; se diminuiscono, la rete si adatta di conseguenza. È un sistema disegnato per essere stabile, sostenibile e trasparente.

Inoltre, la selezione dei validatori non è affidata al caso, ma a un processo crittograficamente verificabile: viene utilizzata una funzione casuale sviluppata da Algorand, che permette di scegliere i validatori in modo equo e dimostrabile.

A ogni ciclo, chi ha già fatto parte del board può scegliere se ricandidarsi, ma la rete decide comunque attraverso un meccanismo di selezione che punta a bilanciare rinnovamento e continuità. Tutto questo rende Fiat Chain un’infrastruttura affidabile e prevedibile, dove chi partecipa sa già in anticipo quali sono le regole del gioco.

Fiat Chain avrà una propria stablecoin?

No, non è necessario. Le fee si pagano con le stablecoin già esistenti. Possono essere in dollari, euro o altre valute. Fiat Chain è agnostica: l’importante è che ci sia un ponte sicuro e decentralizzato tra le valute.

Allora Fiat Chain è solo un concetto, per ora?

No, è una tecnologia reale, ma ancora in fase di sviluppo. Prima di tutto voglio spiegarla nel modo giusto. Solo quando verrà pienamente compresa potrà anche essere distribuita e realizzata.

Fiat Chain è parte di Algorand?

No, è una tecnologia separata. Ma può portare benefici a tutto l’ecosistema blockchain e, in particolare, ad Algorand. Se riusciamo a portare gli asset istituzionali on-chain, tutta la blockchain ne trarrà vantaggio. Algorand, grazie alla sua rete decentralizzata, potrebbe diventare il ponte ideale tra Fiat Chain e le altre blockchain.

Perché l’hai creata proprio ora?

Perché ero in preda alla frustrazione. Abbiamo questa tecnologia straordinaria, eppure nessuno ha ancora portato gli asset del mondo reale su blockchain. Ho capito che mancava qualcosa. Fiat Chain è la mia soluzione.

Continui a seguire Algorand?

Credo che i fondatori delle tecnologie decentralizzate debbano lasciare spazio all’ecosistema. Solo così la decentralizzazione può funzionare davvero.

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