3 motivi per vendere Ethereum e puntare su Bitcoin
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ETH è scambiato poco sopra i 1.554$ dopo aver toccato nuovi minimi in sette mesi a 1.520$ all’inizio della settimana. In un mese il prezzo è in calo del 3,80%.
La seconda criptovaluta per capitalizzazione di mercato si appresta a chiudere in negativo il terzo mese consecutivo. Situazione aggravata dalle perdite del 28% circa rispetto al massimo annuale ad aprile, a circa 2.150$.
Rispetto a ETH, performa meglio Bitcoin (BTC). La maggiore crypto per market cap è in rialzo del 2,64% in un mese e al momento si prepara a incassare la vittoria della rinuncia della SEC a ricorrere contro Grayscale.
In questo momento, BTC è scambiato a 26.910$, con un calo del 15% rispetto ai massimi annuali di circa 32.000$, a giugno.
La coppia ETH/BTC all’inizio di questa settimana ha toccato il livello più basso degli ultimi 15 mesi, sotto lo 0,058. Questa tendenza al ribasso si protrae da circa un anno e alcuni investitori si chiedono se non sia il caso di vendere Ethereum e comprare Bitcoin.
Ecco tre motivi per cui potrebbe essere una buona idea.
I dati tecnici raccontano una versione ribassista della storia di ETH
La coppia ETH/BTC è rimasta intrappolata all’interno di uno schema ribassista per buona parte dell’anno.
Questo fino a circa una settimana fa, quando lo schema è stato spezzato bruscamente al ribasso.
Da quel momento in poi, il livello che prima operava come supporto, è diventato una forte resistenza al ribasso.
C’è un altro aspetto che dimostra che il gioco in questo momento è in mano agli orsi. Il cross, infatti, ha trovato forte resistenza in corrispondenza delle principali medie mobili, chiaro segnale ribassista.
I recenti sviluppi sul piano tecnico non fanno che ribadire questa tendenza ribassista del mercato con scarse occasioni di ripresa.
Ether deve affrontare il calo della domanda di crypto e l’aumento dell’inflazione
Il volume del trading spot sui principali exchange crypto è in calo e dimostra che l’intero settore stia affrontando una contrazione della domanda. Ma questa circostanza è ancora più pressante per Ether.
La scorsa settimana negli Stati Uniti sono stati lanciati nuovi Exchange Traded Fund (ETF) sui futures di Ether. L’iniziativa però non ha attirato sufficiente interesse e i volumi di trading registrati sono stati molto deboli. Questo indica che gli investitori istituzionali non hanno preso parte al gioco per il momento.
La notizia di per sé non sorprende, i volumi del trading dei future di Ether sono in forte calo da marzo.
Secondo i dati presentati da The Block, i volumi del trading a settembre si sono attestati intorno a 250 miliardi di dollari, ben al di sotto dei circa 770 miliardi di dollari di marzo.
A catena, altri parametri oltre quelli del trading mandano segnali fortemente negativi sullo stato di salute di Ether in questo momento.
Diverse metriche on chain stagnano da tempo. È il caso degli utenti attivi, il volume totale dei trasferimenti e i nuovi indirizzi.
Ad aggravare il quadro complessivo si aggiungono il calo delle tariffe sul gas e l’inflazione dell’offerta di Ether.
Secondo Glassnode, l’offerta di token ha superato di poco i 119,98 milioni di ETH, rispetto ai 119,9 milioni di fine agosto.
La domanda di Ether è stata un elemento a favore quest’anno.
Ma i rendimenti dello staking di ETH al momento restano inferiori al 4%, poca cosa rispetto al 5% dei titoli di Stato USA a lungo termine.
Per definizione, i titoli di stato sono obbligazioni prive di rischio quindi gli investitori preferiscono un deposito più sicuro per il contante, invece di rischiare con Ether e ottenere un rendimento inferiore.
Bitcoin sembra la migliore scelta a breve termine
Non ci sono criticità solo sul piano tecnico e della domanda. Ethereum deve affrontare anche maggiori rischi sul piano normativo negli Stati Uniti rispetto a Bitcoin.
Finora l’attuale leadership dell’autorità di vigilanza sui mercati USA, la SEC, ha definito Bitcoin l’unica crypto che non si può paragonare a un titolo azionario.
Il 2023 è stato l’anno in cui la SEC ha avviato il maggior numero di cause contro i protocolli crypto con l’accusa di infrangere le leggi sui titoli azionari.
In questo momento la situazione è confusa. La vecchia dirigenza della Commissione, con a capo il presidente Hinman, dichiarava nel 2018 di non equiparare Ethereum a un titolo azionario. Le dichiarazioni sono state rese pubbliche di recente in merito alla causa in corso che vede contrapposti Ripple e la SEC.
D’altra parte, l’attuale leadership della Securities and Exchange Commission, ritiene di poter includere anche ETH tra le crypto equiparabili a titoli.
L’incertezza sul piano normativo opera da freno agli investimenti, specie quelli istituzionali in grado di agire direttamente sull’azione dei prezzi.
In questo momento, il destino di Ethereum e di gran parte delle crypto è legato all’evoluzione di due scenari. Da un lato, il Congresso degli Stati Uniti potrebbe legiferare in merito agli asset digitali e definire i termini legali delle contrattazioni. Dall’altro, la SEC potrebbe subire una serie di sconfitte decisive nelle diverse cause contro le varie entità crypto nel paese.
Nessuna delle due ipotesi è destinata a risolversi nel breve periodo.
Bitcoin rimane quindi un porto sicuro all’interno del settore crypto.
Non solo perché non è toccato dall’attuale dibattito sulla possibilità di considerare le altcoin come titoli azionari. In questo momento si attende una crescita del mercato spinta da eventi in scadenza nel medio e lungo periodo, l’approvazione degli ETF spot di Bitcoin, accelerata dalla rinuncia al ricorso nel caso SEC contro Grayscale, e l’halving di BTC ad aprile.
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