Elon Musk lancia XChat con linguaggio Rust e sicurezza simile a Bitcoin ma piovono critiche
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Dopo aver tentato di rinnovare Twitter con l’introduzione delle criptovalute in diverse “salse”, Elon Musk ci riprova con il lancio di Xchat, un sistema di messaggistica criptata di nuova generazione.
Secondo Musk, XChat utilizza una crittografia basata su Bitcoin, dichiarazione che non ha mancato di sollevare qualche critica.
Arriva XChat il sistema avanzato di messagistica basato su su Rust
Secondo le ultime indiscrezioni, XChat sarà un sistema di messaggistica completamente nuovo e dotato di diverse funzionalità, niente a che vedere dunque con i vecchi messaggi criptati di Twitter.
Tra le novità più importanti spiccano chat di gruppo, crittografia end-to-end, messaggi che si autodistruggono, e l’invio di file multimediali. Si parla anche di un PIN a quattro cifre che proteggerà l’accesso alle conversazioni.
Il cuore di XChat è senza dubbio la sua nuova architettura tecnica, visto che è sviluppato in Rust, il linguaggio di programmazione utilizzato nel mondo delle criptovalute, che tanto piace a Musk.
Nonostante l’utilizzo di Rust e della crittografia, alla community crypto non è però piaciuto il paragone con Bitcoin citato dal patron di Tesla in un post su X:
Diversi sviluppatori ed esperti di crittografia hanno sollevato critiche sull’uso dell’espressione “crittografia in stile Bitcoin” da parte di Elon Musk. Il motivo? Bitcoin, tecnicamente, non utilizza crittografia per proteggere o cifrare i dati delle transazioni, come avviene invece in app di messaggistica come Signal o WhatsApp.
Bitcoin utilizza infatti un sistema di firme digitali, basato sull’algoritmo ECDSA (Elliptic Curve Digital Signature Algorithm), che serve a dimostrare che una transazione è stata autorizzata dal proprietario delle chiavi private. In aggiunta, il protocollo si basa su funzioni hash crittografiche (come SHA-256) per proteggere l’integrità dei dati e creare i blocchi della blockchain.
In soldoni, questo dignifica che tutte le transazioni sono pubbliche e verificabili sulla blockchain e la sicurezza di Bitcoin non proviene dalla crittografia in senso classico, ma più da un sistema di firme digitali.
Le firme servono a dimostrare che sia l’utente (con la sua chiave privata) ad autorizzare una transazione, mentre la blockchain assicura l’immutabilità dei dati.
In buona sostanza, Bitcoin non cripta i dati, ma li protegge con un sistema matematico che impedisce le frodi o le modifiche. Tutto resta visibile, ma nessuno può imbrogliare.
Tra le voci che hanno sottolineato questa importante differenza c’è Samson Mow, CEO di Jan3 e promotore dell’adozione di Bitcoin a livello nazionale, che ha scritto su X:
Insomma, l’affermazione di Musk è stata giudicata fuorviante da chi conosce bene l’architettura del protocollo Bitcoin.
Il core developer Luke Dashjr ha anche espresso dubbi sull’utilizzo di Rust, citando motivazioni legate alla sicurezza e alla governance del linguaggio e definendolo inadatto a contesti critici.
Curioso che la critica a Rust sia di essere Woke, termine che fa riferimento all’omonima cultura, legata al politically correct, ma anche criticata per i suoi eccessi, che spesso risultano essere dannosi malgrado i nobili propositi.
Qui Luke fa riferimento alla community di Rust, percepita da alcuni come eccessivamente “woke”, ovvero troppo legata a un clima ideologico che porta a una moderazione rigida nei forum, attenzione formale ai linguaggi inclusivi, e in alcuni casi una gestione centralizzata che scoraggia opinioni divergenti.
Ma contesta anche l’utilizzo di Rust per progetti ad alta sicurezza perché è ancora relativamente giovane rispetto a C/C++ e utilizza tooling e audit meno maturi in ambito crittografico, mentre di solito gli sviluppatori preferiscono strumenti con una base più consolidata.
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